sabato 27 ottobre 2012

mostra 5 tracce


5
Tracce

Illustratori a Massa

Cinque
grandi illustratori in esposizione
Cinque
autori che hanno popolato di tracce il nostro immaginario collettivo degli ultimi 50 anni
Cinque
realtà visive diverse


GIANNI DE CONNO
ALDO DI GENNARO
LIBERO GOZZINI
GIULIO PERANZONI
ANGELO STANO




Cinque artisti che lasciano le loro cinque tracce. 
Uso la parola traccia non a caso ma per un motivo ben preciso. Il termine traccia potrebbe apparire come un vocabolo comune, ma non lo è; avrei potuto intitolare questa mostra semplicemente 5 illustratori, oppure 5 matite o altro, ma ho usato la parola traccia perché il suo significato è molto più profondo, ed è legato alla nostra esistenza, alla storia, allessere. La traccia è la prova che qualche cosa è esistito. Un orma sul terreno è la prova che qualcuno è passato e dunque era presente in quel luogo. Senza tracce non avremmo una storia da condividere, tutta la storia che conosciamo deriva dalle tracce (scritte, visive, orali) che le vecchie generazioni prima di noi ci hanno lasciato e grazie alle quali ora sappiamo cosa c’è stato nel tempo passato. Non a caso si usano dei termini come le tracce del passato oppure le tracce di unantica civiltà”. Il nostro nome e cognome è una traccia scritta per distinguerci da miliardi di altre persone. Aristotele considerava linformazione orale come unincisione di tracce nella memoria del cervello, un concetto confermato tra laltro dalle neuroscienze e un uomo senza memoria, dunque senza tracce, sperduto, non saprebbe come relazionarsi con la realtà. Infatti, le persone che perdono completamente la memoria vengono anche descritte in alcuni casi come persone che sono in una condizione vegetale.
Le immagini sono dunque tracce della nostra esistenza e che hanno unimportanza enorme nella nostra vita e in certi casi un potere tremendo. Pensate al potere degli idoli religiosi nellantichità e della suggestione dimmagini religiose. Nella mitologia greca questa potenza era ben conosciuta. Perseo riesce a sconfiggere la Medusa (la forza brutale della natura a cui nessun mortale poteva rivolgere lo sguardo per non essere pietrificato) grazie alla potenza dellimmagine, è infatti allingegnosa astuzia di utilizzare limmagine riflessa del suo scudo lucente che riesce a sconfiggerla. Anche ai nostri giorni abbiamo la prova di quale potere possa avere un immagine: è bastata una vignetta di Maometto per scatenare quasi una guerra di religione, oppure la collezione di querele per chi turba la figura di un politico. La potenza delle immagini!
Ecco perché ho usato il termine tracce per presentare una mostra dimmagini. Le immagini sono tracce che hanno sempre più unimportanza fondamentale nella nostra società. Sono la prova della nostra esistenza, sono la nostra storia che testimonierà alle generazioni future cosa eravamo e cosa pensavamo. Chi crea immagini ha una dote e una potenzialità non comune, sono la memoria collettiva di una società. Mi è sembrato doveroso mettere in esposizione alcune tracce tra le  più preziose e far capire alle nuove generazioni quale potenzialità e opportunità possa offrire una professione così poco conosciuta ma così fondamentale: il creatore di immagini.
   Un evento unico non solo per la città di Massa ma per il panorama dell'illustrazione italiana. Per la prima volta, cinque dei maggiori illustratori italiani, sono riuniti in un unica esposizione. Le loro tracce hanno popolato cinquant'anni del nostro immaginario. Dall'editoria alla pubblicità, dai libri di testo ai fumetti. Tracce materiche, digitali, tridimensionali esposte insieme,  in una irripetibile occasione. Una panoramica delle tavole più belle di questi ultimi decenni. Immagini che hanno  vestito le idee di copertine, libri, pubblicità, storie avventurose e misteriose.           Tracce visive lasciate in questi anni  da grandi artisti da vedere e ammirare. Una mostra che se coronata da successo, magari potrebbe diventare un appuntamento fisso.
Creatori dimmagini, una  professione affascinante che con l'avvento della realtà digitale sta diventando anche una delle professioni centrali della new-economy.








   Ognuno di loro produce in settori differenti: editoria, editoria per l'infanzia, pubblicità, fumetti, scolastica,  e  che esposti insieme danno una panoramica generale di come le immagini disegnate possono essere una grande occasione professionale per i giovani talenti.
   È sufficiente leggere le loro biografie e vedere le loro tavole per comprendere lo spessore dell'evento. Alcune tavole giungono da esposizioni importanti tenute in grandi città come Milano, Roma e Napoli. Le loro recensioni sono apparse sui maggiori organi nazionali di informazione. Penso che unite in un unico evento avranno ancora più attenzione e riscontro, una grande occasione per la città di Massa.





venerdì 26 ottobre 2012

nuovo work in progres: corsari!

nuovo work in progres: corsari! .....dopo tante ricostruzioni era ora; forse mi sono fatto prendere la mano, ma va bene così, all'arrembaggio!!










giovedì 25 ottobre 2012

martedì 23 ottobre 2012

nuovo work in progress: i costume del medio evo, popolani e nobili.... una faticaccia per la ricerca documentale ma alla fine ci sono riuscito.






giovedì 18 ottobre 2012

ultima versione corretta di Skéne rhei


L'atto creativo come spettacolo

SKÉNE  RHEI


L'illustrazione diventa spettacolo
di
GIULIO PERANZONI
la scenografia in divenire

 Quando vediamo unimmagine disegnata abbiamo davanti a noi il risultato di un processo creativo in divenire. L'immagine disegnata è il risultato temporale di un fare, di numerosi gesti che portano come conclusione  ad unimmagine definitiva. L'immagine è una traccia visiva  che viene inserita nella realtà,  il suo scopo è di essere ammirata e letta, la sua esistenza coincide con la ricezione del suo messaggio. Un'immagine non vista non esiste appunto perché nessuno l'ha vista. Ontologicamente, a voler essere più profondi, il concetto del nulla o della morte coincide infatti con l'assenza dell'immagine dalla realtà. Ma, considerazioni filosofiche a parte, se l'aspetto visivo finale è quello più appariscente e immediato, esiste anche un altro aspetto su cui vale la pena di riflettere: il suo divenire. L'atto creativo in sé di unimmagine. Prima della nascita di una tecnologia che permettesse di registrare immagini in movimento, il poter assistere all'esecuzione di unopera da parte di un creatore  era privilegio dei pochi assistenti, committenti o modelli presenti nel momento stesso della creazione. Lo spettacolo di un autore  che da una superficie intonsa, come per magia, fa apparire al mondo un qualche cosa che prima non c'era, era considerato forse come un dettaglio tecnico di poco conto.  Eppure, in quasi tutte le espressioni artistiche, il fare è parte dell'opera. Ascoltare della musica è molto diverso che vedere dal vivo la sua esecuzione. Leggere unopera teatrale è completamente diverso dall'essere presente alla sua messa in scena.    Se, come scriveva già nel secolo scorso W. Benjamin, "...con la riproducibilità tecnica l'immagine aveva perso la sua aurea",   ora la stessa tecnica può restituire all'autore il suo "hic et nunc" . Al  fare, all'atto creativo in sé può essere dato un valore estetico autonomo. Il gesto diventa così di per s'è un'opera d'arte,  che  può uscire dall'ombra dell'opera stessa.

Quando siamo spettatori di un creativo all'opera, nella maggioranza dei casi, rimaniamo rapiti di fronte alla sua gestualità, alla sua manualità con cui dal nulla riesce a far apparire una traccia, un segno. Rimaniamo estasiati sia che usi il solito foglio e matita, sia che utilizzi la penna ottica e un monitor..... Quando visitai il museo di Picasso a Malaga, oltre alle varie opere che già conoscevo, rimasi folgorato davanti ad una registrazione in cui si poteva vedere l'artista all'opera mentre creava una immagine su una lastra di vetro. Non ci sono paragoni nel vedere  un quadro già finito e vederlo creare dal nulla, con gesti armoniosi, in divenire.  Ma la domanda che mi tormentava era: Perché  la sua performance mi  ha impressionato così tanto in confronto alla visione di un opera già terminata?
Credo che il motivo sia proprio per un valore estetico del gesto, del fare che è autonomo dall'opera finale, un valore che in alcune forme espressive si aggiunge all'opera stessa. Lo possiamo distinguere in maniera decisa in alcune espressioni dove sono più evidenti i due aspetti. Prendiamo per esempio un opera musicale. Sentire una canzone incisa su cd o con altri mezzi produce un certo piacere, una gradevole emozione; sentire però la stessa canzone dal vivo eseguita dall'autore ha più valore e coinvolgimento. Perché in questo caso alla  riproducibilità dell'opera si è aggiunto il famoso " hic et nunc" che rende l'esecuzione unica e originale.
 È proprio questo aspetto che ho cercato di concretizzare in questi ultimi tempi. Il palcoscenico di un teatro  è stato il luogo naturale per esporre l'atto creativo in sé e la scenografia in divenire (Skéne rhei) è stata l'accesso con cui sono riuscito a presentarmi di fronte ad un pubblico come illustratore. Il mio disegnare si è inserito nel contesto di una esecuzione teatrale, l'illustrare è diventato così uno spettacolo nello spettacolo, a prescindere dalle immagini che ho prodotto. L'atto creativo, indipendentemente dal suo risultato, si è finalmente emancipato ed è divenuto unopera a sé.

Creare una scenografia in divenire durante uno rappresentazione teatrale ha diversi aspetti inediti nel campo della creatività. Portare l'atto creativo di unimmagine disegnata di fronte ad un pubblico vuol dire dunque separare l'atto in sé dal suo risultato finale e cioè dall'immagine stessa. Questo mi porta alla conclusione che la produzione di qualsiasi opera d'arte la  si può considerare come un passaggio di diversi momenti ben distinti:
1)   l'elaborazione e l'interpretazione di un idea
2)  il fare, la gestualità, la manualità con cui la si esegue
3)   l'opera fisicamente definita, cioè il prodotto finale fisico che prende un suo spazio nella realtà.
Riuscire ad esporre il primo aspetto penso sia molto improbabile (a meno che in un futuro si potrà leggere e visualizzare le scariche elettriche delle sinapsi di una mente) ma il secondo caso è un aspetto che si può benissimo rendere indipendente dall'opera stessa e trasformarlo a sua volta in un opera da ammirare.
In collaborazione con il regista teatrale Francesco Moccia della compagnia Brancaleone, ho cercato di mettere in pratica lo Skéne rhei con una novella di Checov:  il monaco nero,  e subito ci siamo accorti che il disegnare non solo era uno spettacolo da ammirare in sé, ma che poteva benissimo interagire all'interno della rappresentazione teatrale. Produrre unimmagine è in pratica comunicare qualche cosa e in questo caso  il messaggio disegnato si associa all'altra comunicazione in campo, quella vocale e cioè la recitazione. I miei segni in divenire proiettati sulla scenografia sono come parole, suoni e dunque possono benissimo interagire con la recitazione vera e propria. L'attore a questo punto può recitare colloquiando con i miei disegni. L'illustratore/scenografo diventa così a sua volta un attore, una presenza invisibile ma molto presente sul palcoscenico.

Disegnare una scenografia in divenire, e soprattutto interagire con la rappresentazione teatrale significa dunque che l'atto del disegno diventa una rappresentazione e una espressione che è simile a quella dell'attore.
La mia performance che compio durante lo spettacolo, i miei disegni che appaiono e scompaiono in un succedersi frenetico  in armonia con il ritmo della recitazione, prende chiaramente l'aspetto di una esecuzione dal vivo equiparabile a quella musicale. 
In effetti è da diversi anni che alcuni illustratori hanno portato su un palcoscenico, come un concerto, la loro affascinante perizia. Illustratori che recitano mentre disegnano e il cui fare viene proiettato su uno schermo, performance di artisti ripresi con videocamera e riproposti in loop, lo stesso Picasso, come accennato prima, ripreso in una registrazione  che  addirittura si trasforma in opera d'arte autonoma e come tale esposta  all'interno del museo.
Ma c'è una grossa differenza tra questi esempi e lo Skéne Rhei . In  quei casi,  il fare artistico viene presentato come "lo spettacolo". Non c'è interazione con altre forme di espressione e soprattutto si propone come unico soggetto teatrale . In altre parole, utilizza il luogo del teatro non per recitare ma per esporsi, come in un museo. Certo, è unopera  in movimento  ma unilaterale come le altre opere fisse ai muri di una galleria d'arte.
Lo Skéne Rhei, al contrario, è un fare artistico che si relaziona con un altro fare, la recita dal vivo. Non prende il teatro come luogo dove esporsi trasformandolo così in una sorta di galleria d'arte, ma lo utilizza nella maniera corretta e cioè come luogo di recitazione.
Il mio disegnare segue il copione, fa parte del copione stesso. Interagendo con gli attori e partecipando allo sviluppo della storia, le mie gesta che disegnano figure proiettate sul palcoscenico diventano simili alle  gesta che compiono gli attori per esprimersi. Loro eseguono una gestualità del corpo per comunicare e cercare di visualizzare al pubblico le emozioni, i personaggi, la trama di una storia, io eseguo dei gesti che creano attori eterei ma concreti che hanno lo stesso scopo. La loro gestualità è identica alla mia, abbiamo lo stesso obbiettivo: visualizzare qualche cosa ad un pubblico.
Ecco dov'è la grossa differenza con gli esempi di prima: l'illustratore che si cimenta con lo skéne rhei, non utilizza il teatro per sé, ma ci entra dentro come attore. Come gli altri attori deve fare le prove, seguire una sceneggiatura, una regia. È un attore a tutti gli effetti.
Continua..