sabato 18 febbraio 2012

immagini digitali ed entropia

aggiungo un altro pezzo alla riflessione precedente....buona lettura

...."La grande differenza tra una intelligenza artificiale e una umana è appunto la differenza di entropia. Una intelligenza artificiale può rispondere ad una situazione in molte diverse maniere, ma il loro numero sarà sempre limitato all'interno del suo programma. Potranno essere migliaia, ma in ogni caso sono il risultato di parametri programmati precedentemente. Un cervello umano, al contrario è imprevedibile perchè la sua struttura è fisica non matematica, e dunque con un alto livello di entropia.
Da queste riflessioni si possono dedurre alcune conclusioni.
 La prima è che esistono due diverse tipologie di entropia che "pilotano" i diversi stati di materia: una entropia biologica o meglio ancora fisica, e una entropia artificiale, digitale.
Faccio un  esempio per comprendere bene dove sta la grande differenza tra entropie, e dunque tra realtà artificiale e  realtà naturale. Per rimanere nel tema delle immagini prendo spunto da una ipotetica esecuzione di manipolazione cromatica. Quando voglio eseguire un fondo colorato elaborato con i medium tradizionali, di solito lascio alle varie reazione autonome dalla mia volontà  dei diversi materiali a suggerirmi il mio intervento successivo. Con un pennello stendo del colore diluito che aggiunto ad un altro si miscela in maniera disordinata, entropica, posso gettare dei grani di sale per ottenere un altro effetto casuale, intervenire con spugne che sempre in maniera autonoma mi cambiano la situazione, e sottolineo, sempre più in una situazione disordinata, di alto contenuto di entropia e dunque  casuale. In una realtà digitale, al contrario, la natura matematica della materia con cui ho a che fare non mi da alcuna entropia. È vero che molti programmi simulano gli effetti sopra descritti, ma appunto sono precedentemente programmati. Nel software di Painter, o di photoshop o altri simili, esistono decine di filtri che mi deformano le immagini o i cromatismi che eseguo a mano, ma il disturbo cromatico applicato su un colore sarà sempre lo stesso. Posso ripeterlo decine di volte, ma non avrò mai una differenza se non grazie al cambiamento del mio gesto o della mia pressione.
 Mischiare diversi filtri di deformazione digitale porta in ogni caso a interessanti risultati, è un disordine anche questo, e dunque una entropia di pixel, ma la grande differenza dalla realtà è appunto la sua prevedibilità. È solo grazie all'enorme sviluppo dei programmi che questo tipo di entropia inizia a dare alla nostra percezione visiva, risultati soddisfacenti.
 Mi ricordo che nei primi anni in cui apparvero le prime immagini digitali, la sensazione di rifiuto era appunto per la loro "freddezza" , la loro standardizzazione. La frase comune di allora era " sono freddi, sono tutti uguali" altro non era che la totale mancanza di entropia nella loro struttura. 
Lo sviluppo successivo dei programmi ha portato una 'entropia programmata' e dunque una naturalezza vicina alla realtà. È la nostra percezione visiva che ha bisogno di entropia? Non credo, perchè di fronte a  forme geometriche perfette o ad espressioni molto ordinate come l'architettura o certe opere di arte astratta, la nostra mente è affascinata.
Probabilmente sono le forme digitali che vogliono simulare quelle naturali che portano un contrasto e un confronto nella nostra maniera di percepirle.
Il momento magico è dunque il contatto tra la nostra realtà materica con quella digitale, quando la mia mano con la penna ottica tocca il video. È quello il momento magico con cui una immagine digitale diventa unica, è l'entropia che il suo autore riesce a trasferire e che gli dà l'anima, e che la innalza dal mondo dei numeri. Più specificamente, è l'entropia dei neuroni del nostro cervello che attraverso il gesto si propagano all'esterno.

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