domenica 25 agosto 2013

Il linguaggio delle immagini


Il linguaggio delle immagini


Nella teoria filosofica dell'intenzionalità collettiva di Searle, un fattore importante e fondante di tutto il suo ragionamento è retto dalla funzione che ha il linguaggio, e aggiungo io,  anche per quanto riguarda la teoria degli oggetti sociali di M. Ferraris il linguaggio è alla base di tutta la teoria. Il linguaggio è anche il soggetto principale della riflessione di Wittengstein. Dunque cosa c'entrano gli illustratori nella teoria degli oggetti sociali e dell'intenzionalità collettiva? Direi molto. Innanzitutto perchè le opere d'arte e dunque i nostri lavori, sono fuori di dubbio degli oggetti sociali. Come ho scritto in altre note, se un gatto passa di fronte alla Gioconda o ad un dipinto iperrealista di un pesce, non avrebbe nessun effetto sull'animale, è solo di fronte ad un umano che si accendono le emozioni, dunque le opere rientrano in quella categoria di oggetti sociali come i matrimoni, i funerali,  la carta di identità, sono appunto oggetti sociali, funzionano esclusivamente grazie a delle convenzioni tra esseri umani. Ma giustamente Searle fa notare che tutto ciò è possibile grazie  al linguaggio.  È attraverso il linguaggio che le convenzioni umane si stabiliscono e possono funzionare. Le funzioni di status non esistono realmente a meno che non siano rappresentate come esistenti grazie al linguaggio. In un certo senso, c'è anche un livello di immaginazione nell'esistenza della proprietà privata, del matrimonio, dello stato. Un livello che l'uomo affianca alla realtà oggettiva.
Scrive Searle: "...i bambini acquistano molto presto una capacità di agire secondo questo doppio livello di pensiero che è caratteristico della creazione e del mantenimento della realtà istituzionale. I bambini piccoli possono dirsi l'un  l'altro "ok, io ero Adamo, tu eri Eva, e questo quaderno era la mela".
La tribù, per esempio, fa si che qualcuno sia il capo semplicemente trattandolo come capo. In uno stadio più avanzato appare una dichiarazione permanente (una regola costitutiva) e questa è la forma più diffusa nelle civiltà complesse, proseguendo con la complessità si arriva ad una regola costitutiva che non richiede la persona fisica creando così una entità sociale, e che consente ad altre dichiarazioni di creare fatti istituzionali. Ma tutto questo funziona grazie al linguaggio, sia che sia primitivo come quello di una tribù o complesso come il nostro. Il linguaggio è alla base della documentalità. Quello su cui voglio portare la riflessione è appunto su questo strumento fondante della nostra realtà sociale che  è il linguaggio. Il linguaggio non ha un unica forma per esprimersi, ma diverse possibilità. La principale è quella del parlato con la variante più evoluta che è la forma scritta, ma esiste anche un linguaggio delle immagini, e volendo si può intravedere  un linguaggio del corpo.  Io non so se il linguaggio sonoro è nato prima del linguaggio visivo dei primi graffiti, ma è fuori di dubbio che le immagini sono un linguaggio che crea documentalità come quello parlato. L'araldica o l'immagine impressa nella ceralacca avevano la stessa portata sociale di un documento scritto. Una differenza tra le due principali forme di linguaggio è la possibilità di utilizzo. Emettere suoni con la voce è alla portata di tutti, disegnare un immagine leggibile è già un privilegio per alcuni. Dunque il ruolo dei creatori di immagini in una realtà di intenzionalità collettiva prende un aspetto particolare. Il ruolo sociale di chi ha questa capacità è molto diverso da chi può esprimersi solo con il linguaggio sonoro/scritto. La sua importanza la si nota già nell'antichità. Lo scriba, lo stregone che dipinge sulle pareti della caverna, hanno tutti un ruolo privilegiato nella realtà sociale. Nella realtà di oggi, sopratutto nella società in rete, è interessante esplorare questo aspetto che ci riguarda come creatori di immagini....
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martedì 13 agosto 2013

professione illustratore


Professione illustratore

                                                                  di G. Peranzoni

Alcune riflessioni sulla professione dell'illustratore in rete...

 In ogni epoca storica, la figura del creatore di immagini ha avuto un ruolo e un peso dipendente dalla sua collocazione nel processo di produzione economica. Le immagini disegnate, tra cui le opere d'arte, sono inequivocabilmente degli oggetti sociali. Come oggetti sociali sottostanno a caratteristiche e meccanismi ben definiti che tra l'altro son ben analizzati nelle opere di M. Ferraris. Ma, a prescindere dalla loro ontologia, è il loro ruolo all'interno del sistema produttivo della società, e più precisamente quella capitalistica, che la figura del creatore di immagini cambia aspetto e importanza. 
La figura di uno scriba egizio nella società gerarchica dei faraoni, non era certamente la stessa dell'illustratore di pale d'altare del rinascimento nè tantomeno quella dell'illustratore pubblicitario del novecento. 
Ogni epoca storica, a seconda della sua organizzazione sociale, ha costruito un determinato ruolo sociale all'illustratore/creatore di immagini. Lo scriba egizio era considerato un interprete tra le divinità e gli uomini, e anche nel rinascimento il pittore, in un certo senso, era considerato un interprete della volontà divina. Con la nascita della società mercantile e industriale, la creazione di immagini diventa una produzione di merce e nel meccanismo capitalista acquista un valore come ogni altro prodotto industriale. Dalle chiese e cattedrali del medio evo, l'immagine disegnata viene esposta e fruita in un nuovo luogo, che non è più religioso/istituzionale ma borghese. La nuova vetrina delle immagini sono le gallerie d'arte che sono organizzate come un qualsiasi negozio dove la merce viene esposta e venduta con il suo prezzo. Il creatore di immagini prende dunque la fisionomia di un artigiano altamente specializzato che produce un particolare prodotto con un valore e a cui gli viene riconosciuto, come direbbe Searle dalla intenzionalità collettiva, un ruolo sociale ben definito. Non è un industriale che crea profitto perchè nel suo processo produttivo non sfrutta la forza lavoro di altri, ma è comunque un soggetto che produce e crea valore economico. Ora la situazione sta di nuovo cambiando. Dalla società dei servizi, si è passato alla società informazionale o meglio ancora, come la definisce M. Castell, la società in rete
Puntualmente come ogni tipo di nuova società, rimastica e ridefinisce i ruoli e i meccanismi della divisione del lavoro. La questione cruciale è sempre stata il modo in cui il lavoro è organizzato e retribuito. La divisione del lavoro era, ed è ancora, una misura di ciò che ha valore e ciò che non ne ha nella prestazione di lavoro. Questo giudizio di valore organizza il processo di produzione. Definisce anche i criteri in base ai quali il prodotto viene diviso, e la stratificazione sociale. La divisione fondamentale nella società in rete, ma non l'unica, è quella che separa forza lavoro programmabile da forza lavoro generica. 
La forza lavoro autoprogrammabile ha la capacità autonoma di concentrarsi sull'obbiettivo assegnato nel processo di produzione (creare immagini) di reperire le relative informazioni, di ricombinarle in conoscenza usando lo stock di conoscenza disponibile e di applicarla. Più i sistemi di informazione sono complessi e interattivamente connessi a database e fonti di informazione tramite le reti di computer, più quello che è richiesto al lavoratore è la capacità di cercare e ricombinare informazione. Questo richiede un'appropriata formazione e addestramento, in termini non di specializzazione ma di capacità creativa e dell'abilità di sapersi evolvere al passo con i cambiamenti nella tecnologia e nella conoscenza. In sintesi, se nei tempi passati chiunque sapesse disegnare con una semplice matita su un qualsiasi superficie poteva improvvisar si illustratore ed entrare nel mercato delle immagini ora, nella società in rete la cosa diventa più difficile e la selezione dal sistema produttivo-economico più precisa.... Continua.