martedì 21 agosto 2012

Filosofia dell'immagine 2

1.5
Ontologia dell'illustrazione

Per descrivere una ontologia dell'illustrazione, mi appoggio e mi faccio aiutare ancora sul lavoro di Ferraris, egli scrive: "....Il pensiero è molto spesso caratterizzato come visione, e di questa caratterizzazione sono testimoni gli usi linguistici : idea e sapere, in greco, hanno la stessa origine di vedere, e in moltissime lingue "vedo" e "capisco" sono sinonimi. E tutto il dibattito sul ruolo della visione e della immaginazione nel pensiero, dai filosofi greci alle neuro scienze contemporanee, si basa sulla contrapposizione tra funzioni del pensiero di tipo linguistico (discorsive), e altre di tipo non linguistico, intuitive, immaginative, o grafiche..." e aggiunge ancora "....Aristotele a ragione diceva che l'anima non pensa mai senza immagini, e che pensare è come disegnare una figura, cioè registrare e iscrivere, d'accordo con una linea di pensiero che si ritrova negli antichi come nei moderni. Infatti non si tratta solo del pensare per immagini, bensì di  adoperare consapevolmente immagini e schemi per facilitare il pensiero. I neuroni della lettura, in questo eccezione, sono i neuroni del pensiero, non nel senso che solo gli alfabetizzati pensino, ma perché quei neuroni sono predisposti a riconoscere i grafi.... Quello che è certo, tuttavia, è che, in tutti i casi, non ci può essere pensiero senza registrazione, senza deposito sulla tabula della memoria."
Il passo successivo a questa analisi è dunque una ontologia della registrazione che Ferraris individua con una intuizione magnifica  nella traccia.
È nello studio delle tracce sia interne, nella memoria, e soprattutto quelle esterne fuori di noi che la cosa diventa interessante per noi illustratori.
"La traccia è l'elemento di base dell'opera così come di qualunque iscrizione. C'è una traccia fuori, nel mondo, la modificazione di una superficie..." e ancora aggiunge "... Ovviamente, la traccia è condizione necessaria ma non sufficiente dell'opera (anzi, la quasi totalità delle tracce non lo è); tuttavia, non c'è opera senza traccia: quadri, libri, sinfonie, canzonette, performance, film, soap opera...nessuna di queste realizzazioni sarebbe concepibile se non ci fosse la possibilità di iscrivere qualche cosa, fosse pure semplicemente nella mente delle persone..."  e infine arriva ad una descrizione ontologica  dell'opera in cinque punti.
1) l'opera è anzitutto una cosa, cioè possiede delle ben definite caratteristiche di dimensione fisica, durata temporale, percepibilità sensoriale.
2) Le opere sono oggetti fisici.
Ma su  questo punto c'è da fare chiarezza sopratutto per le opere digitali. Con la scomparsa delle opere materiche e di fatto dell'originale la questione va ripensata e questo  lo rimando ai capitoli più avanti dove affronto appunto il problema degli originali nell'ambito del digitale.
3) le opere sono oggetti sociali.
4) ed è il punto più interessante e discutibile:
 ..." le opere provocano solo accidentalmente conoscenza..."
Anche qui  non sono pienamente  d'accordo. Tutto le opere  dell'illustratore sono concepite per provocare conoscenza. La parola stessa "illustrare" significa far conoscere attraverso le immagini. L'aspetto significativo dell'illustrazione   è che siamo di fronte ad una  creazione ambivalente, con una sua caratteristica  estetica ma anche con un fine che vuole provocare conoscenza attraverso l'opera. E questo obbiettivo non è accidentale ma principale. Ferraris prosegue ":
....   È vero che ci sono forme d'arte (per esempio, la narrativa o la ritrattistica) che possono avere una portata conoscitiva, ed è vero che ci sono civiltà di cui ci restano dunque l'unica conoscenza che ne abbiamo. Ma questo non significa in alcun modo che la funzione prioritaria dell'arte sia conoscenza. Imparare qualche cosa sull'Irlanda da Joyce è possibile ma è più economico ed efficace comprarsi una guida o un saggio..."
Ma anche in questo caso l'equivoco opere=immagini porta ad un paradosso. Perchè lo stesso ragionamento lo potrei fare al contrario: il funzionamento e la struttura di una trireme romana la potrei comprendere leggendo una decina di pagine scritte ma è molto meglio vedere una illustrazione con uno spaccato della nave per capire in un attimo la sua configurazione. Dunque siamo ancora di fronte al confronto testo~immagine.


1.6 Documentalità dell'illustrazione

Io penso che la documentalità non è dunque solo esclusivamente scritta ma può essere anche visiva. E le immagini non sono solo opere, ma possono essere informazioni visive quanto un testo scritto. Anzi credo che proprio  l'invenzione dell'alfabeto sia stata un idea  per correggere un difetto: il difetto delle maggioranza delle persone che non sanno creare immagini. L'invenzione dei grafi è stata anche  una scorciatoia per lasciare tracce semplici alla portata di tutti, che non richiedono caratteristiche ipertrofiche della corteccia celebrale che in fin dei conti  è la causa che  permette di creare immagini.
Per concludere la riflessione ontologica sulle illustrazioni, e stabilire la loro caratteristica si potrebbero definire come un oggetto sociale, che hanno una documentalità completa e che a differenze delle opere sono tracce non per l'otium ma a tutti gli effetti per il negotium. La loro collocazione è tra il documento e l'opera. Hanno la stessa autorità di un testo e le caratteristiche espressive di un opera.
Nelle sue tesi Ferraris conclude con postulati ben precisi:
La società si basa non sulla comunicazione, ma sulla registrazione. Poichè nulla di sociale esiste fuori del testo, le carte, gli archivi e i documenti costituiscono l'elemento fondamentale del mondo sociale.
.....questo spiega perchè sia così importante la scrittura, ossia la sfera di registrazioni che precede  e circonda la scrittura in senso proprio e corrente.
E ancora:
I documenti in senso forte sono iscrizioni di atti. Sotto il profilo di una teoria della società , l'ontologia degli oggetti sociali si presenta come documentalità, ossia la dottrina dei documenti in quanto forma più elevata degli oggetti sociali, che si dividono in documenti in senso forte, come iscrizioni di atti, e in documenti in senso debole, come registrazioni di fatti. I documenti hanno finalità pratiche, oppure mirano principalmente alla evocazione di sentimenti. In questo caso abbiamo a che fare con le opere d'arte intese come cose che fingono di essere persone.
A queste tesi aggiungerei la caratteristica delle illustrazioni. Sono opere con caratteristiche estetiche e con finalità pratiche e che nello stesso tempo possono evocare anche sentimenti. In alcuni casi si possono considerare documenti forti. Se una vignetta satirica  con  Maometto  come soggetto, stampata su una maglietta e ripresa in televisione, ha scatenato reazioni violente e tensioni diplomatiche, se la svastica o altre immagini simili  creano repulsione e reazione alla loro visione, forse è una  prova della loro forte documentalità.
Ma anche altre immagini, non solo disegnate, hanno una forte documentalità. La prova dell'esistenza del i di Higgs, scoperta nell'anello del CERN, è stata data  grazie ad una traccia visiva. La prova ontologica di questa particella non è stata  dunque confermata da una documentalità scritta come lo erano le equazioni matematiche che accertavano la sua presenza, ma da una prova visiva. In questo caso è un immagine ad avere il primato di documentalità forte, non uno scritto. Illustrazioni, fotografie, tracce visive, fanno parte tutte quante di una stessa tipologia di tracce che sono le immagini e che sono da considerare come documenti forti e non  opere estetiche. Semmai oltre alla loro documentalità a differenza del testo in alcuni casi possono avere  anche un aspetto estetico, ma questo non vuol dire relegarle nel recinto delle opere.










2.1

Le tracce dell'illustrazione


Se l'individuazione della traccia è il punto di partenza dell'analisi Ferrarista ( o Ferrariana?) che porta l'individuazione degli oggetti sociali e di conseguenza alle opere e alla documentalità sociale, provo a sviluppare l'analisi sulle immagini digitali partendo appunto dalla sua intuizione, egli scrive: ...."Traccia è ogni forma di modificazione di una superficie che vale come segno o come promemoria per una mente capace di apprenderla come tale." e ancora ".... Se dunque c'è un in sé o una essenza indipendente dall'oggetto fisico, questo non vale per una traccia, che esiste come traccia solo, perché c'è qualcuno che la considera come tale... In altri termini, essere una traccia è una caratteristica relazionale di un'entità naturale."
E nella descrizione delle opere conclude che ".... La traccia è l'elemento di base dell'opera così come di qualunque iscrizione. C'è una traccia fuori, nel mondo, la modificazione di una superficie"
La modificazione di una superficie, ecco la prima novità che incontriamo nell'analisi delle immagini digitali e in particolare dell'illustrazione digitale. Il famoso "supporto" su cui lasciare la traccia visiva, dopo millenni di "matericità" cambia natura: diventa numerica, immateriale. In pratica si spoglia della caratteristica di entità naturale e rimane solo quella relazionale.

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