venerdì 5 agosto 2011

spazio e immagini: l'annullamento delle dimensioni

Continuo ad editare il seguito della riflessione precedente. Penso che con la pausa estiva avrò più tempo per continuare sulla descrizione approfondita delle immagini digitali o meglio degli e-drawing, buona lettura.














          Spazio e immagini: l'annullamento delle dimensioni

                                                        di Giulio Peranzoni  



     Il creatore di immagini ha dunque la proprietà di rallentare il tempo e con la tecnologia
digitale anche di fermarlo e di astrarsi dal suo contenitore o supporto. Forse il fascino che
inconsciamente emana un artista è proprio questa sua capacità di fermare il flusso
temporale di un momento.

     Ora che la maggioranza delle immagini sono diventate digitali, nasce l'esigenza di
approfondire la comprensione della loro natura per capire meglio le loro potenzialità. Per
questo ho cercato di descrivere il rapporto tra tempo e immagine. Ma un altro aspetto
interessante è anche il rapporto tra immagine e spazio.
Spazio inteso nei suoi due aspetti principali: interno ed esterno. Per spazio interno mi
riferisco alle dimensioni fisiche dell'immagine, per quello esterno invece si intende la sua
collocazione immanente.
Già nella sua esecuzione, un immagine digitale annulla il rapporto con la sua dimensione.
Più in particolare la sua dimensione non è più quella lineare ma quella della sua
risoluzione.

    Un immagine, diventando digitale, cambia la sua misurazione lineare in un'altra e cioè la
sua risoluzione nello schermo in cui viene creata! Ora la sua vera dimensione è costituita
da quanti pixel per cella è costituita. Se un immagine digitale ha una alta risoluzione
teoricamente la potrei visualizzare su una grande superficie. La dimensione lineare che
imposto per iniziare ad elaborarla è presente solo alla creazione del file, nei passaggi
successivi sul mio monitor ho solo un immagine della grandezza del monitor stesso e
come un foglio elastico posso ingrandirla o diminuirla a mio piacimento. La liberazione dal
rapporto dimensionale di un immagine, per l'autore è un progresso rivoluzionario.
Dipingere una tela alta due metri per quattro o eseguirla su un video di 21pollici è un
cambiamento non indifferente. Teoricamente potrei dipingere la volta della Cappella
Sistina senza spaccarmi la schiena arrampicato su una impalcatura.
Le immagini digitali hanno ridotto le loro dimensioni ad un unica dimensione misurata in
pixel, la nuova unità di misura per le immagini!

    Per quanto riguarda la seconda tipologia spaziale, intendo lo spazio esterno
all'immagine e cioè il luogo dove posso vederla: lo spazio in cui è collocata.
Per capire questo rapporto e poterlo analizzare meglio è forse necessario descriverlo
attraverso la storia.

     Quasi tutte le immagini dell'antichità erano immagini fisse, nel senso che chi doveva
vederle era obbligato a spostarsi fisicamente. Era il lettore che si muoveva verso
l'immagine. A parte le insegne, le bandiere e le piccole immagini scolpite o incise come le
monete che si spostavano per altri motivi, prima dell'invenzione della carta o del papiro il
rapporto tra immagini e spazio era fisso e unidirezionale. L'invenzione del rotolo e
successivamente del manoscritto, ha iniziato a cambiare il rapporto tra immagine e spazio.
L'immagine ha iniziato a fare i suoi primi passi e questo rapporto è rimasto invariato per
secoli. Nel secolo precedente si è avuta una prima, enorme e radicale rivoluzione: la
scoperta delle onde radio e dell'elettromagnetismo ha portato alla astrazione delle
immagini. Il rapporto dell'immagine con lo spazio ha avuto una accelerazione incredibile.
Se con l'invenzione della fotografia e successivamente del cinema, si era verificato
"solamente" la registrazione della realtà su lastra chimica o di celluloide, per poterle
vedere in ogni caso lo spettatore doveva comunque spostarsi per andare dal fotografo o
in una sala cinematografica. Con la prima trasmissione televisiva, la situazione cambia
radicalmente, le immagini hanno acquisito la velocità della luce. Il rapporto tra spazio e
immagine ha preso ora delle caratteristiche che mai si erano viste prima. Questo spostarsi
delle immagini nello spazio, anche a grandi distanze, ha in sé però un aspetto nuovo,
l'immagine acquista ora una testimonianza di qualche cosa che esiste ma che non è qui
presente, è in un altro luogo. Una nuova proprietà fondamentale che prima non aveva:
una sua carica ontologica.

    Per carica ontologica intendo la capacità per un immagine di essere la prova di
un'esistenza. Fino a quando l'immagine ferma il tempo di un momento e questa
registrazione è fruita in quel dato luogo, l'esistenza, la prova ontologica di quel momento è
diretta. La presenza di un affresco o di una tela nel momento che la osservo, è tangibile,
presente, è lì di fronte a me. Ma quando l'informazione visiva viene trasmessa in un altro
luogo, si ha un differente rapporto con lo spazio e soprattutto nasce un nuovo rapporto
ontologico . L'immagine è l'unica prova in un altro luogo dell'esistenza di quel momento
registrato e trasmesso.

     Lo sbarco sulla luna da parte dell'uomo non avrebbe la stessa certezza se non fosse stato
provato dalle immagini smaterializzate e inviate alla velocità della luce attraverso lo
spazio.

     La prova più esplicativa di come una immagine possa avere una caratteristica ontologica è la visione di quello che abbiamo sopra la nostra testa: l'universo! Immagini di galassie ci giungono a noi attraverso lo spazio e sicuramente molte di esse non esistono più.
    La loroimmagine, essendo una fonte di luce, ha viaggiato attraverso lo spazio e il tempo per arrivare fino a noi. Ma è la loro immagine che le fa esistere per noi. La prova della loro
esistenza è legata alla loro immagine. La potenza ontologica delle loro immagini ci da la
sensazione che loro esistano ancora. Annullando il rapporto con lo spazio, le immagini
digitali acquistano dunque una particolare carica ontologica.

     Per concludere, digitalizzando le immagini non solo le smaterializzo e annullo il fattore
tempo che era insito nel loro supporto, ma cancello anche un altra dimensione che era
nelle immagini tradizionali, la loro dimensione spaziale, sia interna che esterna. Mettendo
in rete delle immagini in pratica elimino il loro rapporto con lo spazio. Una immagine
messa in rete ora e qui, simultaneamente è visibile anche dall'altra parte dell'emisfero.
    Un immagine digitale è dunque da considerarla eterna e onnipresente. In un immagine
digitale la dimensione del tempo e dello spazio vengono annullate.
Si potrebbe dire che la creazione di una immagine digitale è forse paragonabile all'impulso
luminoso di una galassia. Una volta lanciata nella rete, l'immagine immateriale sarà
presente in ogni luogo e viaggerà ancorata al tempo esistenziale della rete stessa.

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